A Barcellona è partito l’ambizioso progetto di creare un sistema di riciclo a circuito chiuso in laboratorio.
L’esperimento in laboratorio dovrà dimostrare l’autosufficienza del sistema, senza alcun tipo di rifornimento esterno, per due anni, ma il progetto Melissa (acronimo di Micro-Ecological Life Support System Alternative) potrebbe avere applicazioni rilevanti anche nella colonizzazione di Marte.
In questa prima fase, però, Melissa servirà soltanto a valutare la possibilità di un equilibrio tra i consumo e il riciclaggio dell’ossigeno. Un problema ancora da affrontare, nell’orto da astronave, sarà l’assenza di forza di gravità.
Unico al mondo, il laboratorio inaugurato pochi giorni fa a Barcellona, alla presenza della ministra spagnola della Scienza e Innovazione, Cristina Garmendia, è formato da cinque compartimenti chiusi, che comunicheranno fra loro quando saranno a regime.
Il primo è un reattore della capacità di cento litri in cui prospera una colonia di batteri anaerobici, che non hanno bisogno di ossigeno, ma che sono in grado di convertire gli escrementi in acidi grassi volatili, minerali e ammonio. Da qui, i composti passano alla seconda fase di lavorazione, a opera di altri batteri fotoeterotrofi e nitrificanti. I nitrati finiscono in grossi tubi, popolati da cianobatteri, che ne ricavano ossigeno.
L’ultimo compartimento è occupato da coltivazioni di lattuga che crescono in una soluzione salina, producono acqua e alimento. I topi che, tutti insieme, corrispondono al consumo di ossigeno di un uomo, contribuiscono all’ecosistema producendo anidride carbonica (utile alle alghe e alle piante) e orina (per i batteri nitrificanti): in un prossimo futuro si nutriranno anche delle foglie di lattuga, anziché dell’attuale mangime, generando preziosi escrementi. Più o meno i compiti che, su scala diversa, spetteranno un giorno, ancora abbastanza lontano, agli equipaggi spaziali.
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